Brutti ma buoni? Gli insetti da mangiare

Il 1° gennaio 2018 potrebbe segnare l’inizio di una rivoluzione nel gusto: da quel giorno, infatti, sarà possibile allevare e commercializzare anche in Europa insetti per l’alimentazione umana.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e per l’agricoltura studia e promuove l’entomofagia già dal 2003: l’alta qualità dei nutrienti rende gli insetti dei grandi alleati nella lotta alla fame e alla malnutrizione; la facilità e i bassi costi dell’allevamento su piccola scala si traducono in un’opportunità di lavoro per le donne delle comunità più povere; infine, un’integrazione della dieta umana (oltre che animale) con proteine provenienti da insetti potrebbe ridurre il nostro impatto ambientale e il consumo di risorse del pianeta, visto il minor bisogno di acqua e terra nell’allevamento e la minore emissione di gas serra.

Forse queste, e altre motivazioni hanno già influito sull’atteggiamento degli italiani verso l’idea di poter considerare grilli, locuste, tarme della farina o bachi da seta come cibo.

Infatti, nonostante la totale estraneità degli insetti alla nostra tradizione culinaria, e nonostante pochi abbiano avuto la possibilità di assaggiarli e raccontarne l’esperienza, il 40% degli italiani si dice indifferente o addirittura favorevole all’introduzione di questa nuova categoria di alimenti.

Poco più della metà è contrario, in misura superiore gli over 54enni, le donne e chi ha un livello scolare basso.

Se le donne sembrano ribadire l’apparentemente molto diffusa avversione verso insetti e artropodi, i più giovani sembrano meno spaventati: il 23% dei 18-24enni e il 22 dei 25-34enni si dichiara infatti favorevole, mentre quasi il 70% dei 55-64 si dice contrario.

 

 

 

 

 

I più curiosi sembrano gli abitanti delle Isole e quelli del Nord Ovest, mentre il 35% di chi vive al Centro è più spesso indifferente.

Che sia la curiosità verso nuovi sapori o la motivazione etica e ambientalista a spingere verso un’accoglienza favorevole, questa sembra più probabile tra chi ha una scolarità medio-alta.